Importanti le voci uomo, territorio, e vitigno.
Luigi Veronelli, uno dei più grandi critici del vino italiano, e Leonildo Pieropan, Soave, etichettarono, nel 1971, il succo, derivante dalle uve, d’un antico fondo di famiglia, di proprietà. dal 1901 – oggi, 8 ettari – con la voce ‘Vigneto’. Iniziativa innovativa, al tempo, poiché, negli anni Settanta, pochissime zone d’Italia etichettavano i vini, con i nomi degli appezzamenti d’origine, mentre maggior spazio veniva riservato a denominazioni o brand aziendali. Leonildo Pieropan, infatti, diede spazio al luogo geografico, al suolo, che ospitava le sue viti, al genius loci, mettendone in luce il terroir, ossia, il complesso rapporto, tra vitigno, ambiente pedoclimatico e lavoro umano, che è ciò che fa del vino espressione culturale e autentica di un territorio. “Calvarino” deriva dalle voci “piccolo Calvario”, riferite alla difficoltà di cura della vite, difficoltà, dovuta alle pesanti pendenze del terreno, rese più incisive, dalla scura roccia basaltica presente. Un’espressione, quindi, di vitigni Garganega e Trebbiano di Soave verticale, sapidi, che ancora oggi parla di equilibrio, ma, soprattutto, di longevità. Grazie al loro prodotto, Leonildo e Teresita Pieropan, rigorosamente fedeli allo stile iniziale, hanno fatto e fanno comprendere le potenzialità del territorio, facendolo conoscere al mondo, diventando apripista alla valorizzazione delle singole parcelle, ognuna intesa come espressione unica e identitaria, migliorata anche da studiato e lungo affinamento. «Questo è un anniversario molto importante – evidenzia Andrea Pieropan, che con il fratello Dario rappresenta la quarta generazione. Vigneto Calvarino ha segnato una svolta nel panorama del vino bianco italiano, perché con esso si è capita l’importanza dell’interpretazione di un terroir. Papà ha saputo e voluto armonizzare il rapporto uomo, territorio e vitigno in un vino unico ed esemplare, ponendo una pietra miliare per l’enologia italiana». «Vigneto Calvarino è per noi il vino di famiglia – continua Dario Pieropan – e continuiamo a seguire quanto mio papà ci ha insegnato. L’uso sapiente del cemento e il lungo affinamento hanno reso questo vino, nato cinquant’anni fa, ancora straordinariamente moderno e vitale». Importante parlare di rapporto uomo, territorio e vitigno, soprattutto, per fare sapere che il buon vino non è frutto di miracolo, e che, quindi, succo e sapore derivano unicamente da esperienza, da grande impegno e sacrificio, particolarmente su terreni difficili, che, nel caso, oggi, danno “Vigneto”. Chiaro, dunque, che si tratta di un cinquantenario da festeggiare.