L’improvvisa morte di Devid Righetto, avvenuta in un incidente stradale questo sabato 10 maggio, ha lasciato un vuoto nel mondo del calcio dilettantistico veronese, soprattutto di coloro che l’hanno conosciuto di persona.
Quest’anno, pur con problemi fisici a causa di un’ernia alla schiena, stava dando il suo prezioso contributo d’esperienza alla realtà del Quaderni di mister Giandonato di Marzo e della presidentessa Sara Olivieri, che ora sarà atteso dai play out per cercare di restare in Prima Categoria.
Tante le squadre dove ha giocato Righetto e l’anno migliore è stato nel Lugagnano, nella stagione 2006/07: con i gialloblù allora guidati da Alberto Facci, ha sfiorato la promozione in Serie D, svanita solo all’ultima giornata, dopo un campionato condotto sempre in testa, nella sfida contro il Castelnuovo Sandrà.
In quel campionato d’Eccellenza Devid andò a segno 16 volte; l’anno successivo passò proprio al Castelnuovo Sandrà, e anche qui per lui un buon bottino personale con altri 11 reti segnate nelle file dei lacustri allenati da Antonio Terraciano e del presidente Giovanni Martinelli: è stato il secondo bomber della squadra dietro Cristian Soave, che invece ne segnò 14.
Poi negli anni successivi, pur segnando meno, si è fatto apprezzare nel Team Santa Lucia Golosine, Caldiero Terme, San Martino Speme e l’anno scorso è stato a Monteforte, sponda Real.
Poche parole per Stefano Menini, ora mister dell’Isola Rizza, che l’anno scorso l’ha allenato proprio a Monteforte, il paese di Devid:
“Trovare le parole in questo momento, non è assolutamente facile: posso dire, che provo una grande tristezza, perché era una persona squisita, dentro e fuori dal campo”.
Giandonato di Marzo, che lo conosceva sin dai tempi di quando era il secondo di Gigi Possente, è ancora allibito:
“Devid aveva una cultura dello sport a 360 gradi, forse pochi sanno che oltre a calcio, nel suo passato aveva giocato pure a pallacanestro. Era una persona tranquilla, e la sua tranquillità e serenità la trasmetteva al gruppo: aveva una grande grinta e, quando le cose non andavano bene, non scaricava le colpe sugli altri ed era uno che non mollava mai, soprattutto in questo momento che lottiamo per la salvezza. Un aneddoto di quest’anno, dopo una vittoria e lui era in panchina, mi ha detto di lasciarmi anche nella prossima che portava bene, io invece gli ho chiesto poi di giocare. Vorrei poi spendere due parole anche sulla sua famiglia, cosa rara nel calcio: i suoi genitori erano molto educati, venivano a vedere le partite e non facevano mai una polemica, sempre al loro posto”.
Si esprime anche la presidentessa Sara Olivieri:
“Era una persona stupenda, un giocatore che non mollava mai. Gli aggettivi per parlare di lui non bastano mai: esemplare, semplice, con grandi doti e soprattutto umile: un campione nella vita e nel calcio”.