Un grande personaggio storico veronese e l’eccellente monumento, a lui dedicato, da anni, caduti nell’oblio. Umiliazione, per il Celebrato, per coloro, che hanno creato il monumento, e per Verona dell’arte stessa.
La semplice denominazione “Largo” – Don Giuseppe Chiot – e il parlante monumento dal Largo ospitato, fanno porre a noi stessi la domanda, sul perché l’una e l’altro si trovino, da decenni, nel più completo abbandono, dimenticati e umiliati. E, non solo, gli stessi si trovano in tale triste, vergognosa situazione, ma, sono, inoltre, invisibili a quel pubblico, per il quale ambedue furono concepiti e, con grande passione, realizzati. La questione – che ci accora, non poco – è di grande rilievo, riferendosi essa a un importante parroco e cappellano carcerario della Verona storica, a un noto e validissimo artista, nonché a un punto centralissimo di Verona. Pensiamo, come cennato, a Don Giuseppe Chiot (1879-1960), che, notissima ed impegnatissima guida della Parrocchia di San Luca, per quarantasei anni, fu anche attivo cappellano, nelle allora Carceri giudiziarie di Verona, sino al 1946.
Ideò e costruì il monumento, tema del presente scritto, Vittore Bocchetta (1918-2021), grande scultore, oltre che pittore e scrittore; antifascista e perseguitato, egli conobbe don Chiot, appunto, durante la sua detenzione, nel Carcere agli Scalzi. Uno spazio, poi, quello dedicato a “don Chiò’ ” – così, come lo chiamavano, e chiamavamo noi stessi, in dialetto, il semplice presbitero, ma, con ammirazione – reso straordinario dalla sorridente facciata della straordinaria Chiesa di Santa Teresa dei Carmelitani scalzi, risalente agli anni Sessanta del 1600, spazio, che non può rimanere, quale oggi si trova – stride il disastro! – anche perché il monumento, dedicato all’instancabile Sacerdote veronese, presenta la sua alta figura, con capo e sguardo, volti, a destra, verso il poco, cioè, che resta delle allora, sopra cennate, Carceri giudiziarie, nelle quali egli svolse, lungo, il suo sentito servizio sociale…
Don Chiot è storia, storia di Verona, emersa, anche, durante il feroce dominio nazista-fascista, nelle citate Carceri giudiziarie veronesi, nelle quali, egli, come cappellano, fu testimone, fra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 – della vicenda, nelle stesse, dei sei gerarchi, che, il 25 luglio 1943, fecero cadere nel nulla il dittatore. Don Giuseppe Chiot fu presente anche alla fucilazione di cinque di essi… La figura di Chiot fu e resta impressa, per sempre, quindi, nei resoconti e nella pellicola, dicevamo, della storia, come abbiamo potuto, costatare, seguendo anche documentari originali, nostrani ed esteri. Quanto precede, per dire che un tale Uomo, grande, fra i grandi veronesi, avvolto, nel triste ed umiliante silenzio del “Largo”, non merita di vedere il suo monumento abbandonato e sottratto – sembra, quasi, una situazione ad hoc – alla vista del cittadino, da cinque, non da uno, ma, da cinque, cassonetti, da due raccoglitori di indumenti e da circa una trentina di autoveicoli, in sosta… E meritano un profondo pensiero Coloro – ci mancano, in merito, purtroppo, dati precisi – che hanno voluto lo straordinario monumento, costato, nel 1989, non poco – questo, lo sappiamo, con una certa precisione – ma, quaranta milioni di lire del tempo, e che hanno fatto il possibile, non senza sacrificio, per dedicare, con passione e riconoscenza, il Largo – uno spazio abbandonato a se stesso, allora, come oggi – a Don Giuseppe Chiot…! Liberiamo, dunque, il “Largo” da cassonetti e da veicoli, ripuliamolo – la cosa non costa nulla – e ridiamo dovuta luce a “don Chiò”, facendo conoscere la sua grande opera, e creando la necessaria visibilità ad un monumento, altamente artistico e innovativo, che ha moltissimo da raccontare… Soprattutto, in fatto di bontà e di disponibilità, per il prossimo, bisognoso d’aiuto sincero, porto ‘con volto amico e di consolazione.