Dopo oltre ventiquattro ore di silenzio si è risentita la voce del Presidente Setti che, in un comunicato ufficiale, ha confermato la fiducia a Fabio Grosso e al suo staff aggiungendo
testualmente, come riporta il sito <<Penso che il rendimento dell’ultimo periodo, culminato con la brutta sconfitta di Brescia, non possa lasciare contento nessuno, me per primo. Dopo l’ultima partita ho deciso di prendermi un momento di riflessione, durante il quale mi sono confrontato con la parte sportiva. Ho potuto constatare grande determinazione a dimostrare qualcosa di diverso al popolo dell’Hellas già a partire dalla gara contro il Palermo. La mia decisione è quindi di continuare il rapporto con uno staff tecnico sul quale abbiamo investito per un progetto a medio termine e nel quale ho riposto grande fiducia a inizio stagione, con l’obiettivo di riportare il Verona in Serie A. Fiducia che nutro nelle qualità del tecnico e della squadra, che dovrà però essere confermata e meritata attraverso risultati e atteggiamenti in campo completamente diversi rispetto a quelli dimostrati ultimamente. Come ho già avuto modo di dire, l’anno scorso ho commesso degli errori che non ho intenzione di ripetere, ma che al tempo stesso non devono condizionare la valutazione della situazione attuale. Tenendo sempre a mente il nostro obiettivo finale>>.
Chiaramente una fiducia a tempo quella concessa a Grosso che, dopo la sosta, troverà, venerdì 23, al Bentegodi la capolista Palermo. Negli anni non sono mai stato un mangia allenatori anzi li ho molte volte difesi cercando, se possibile, di analizzare meriti e demeriti anche in base al materiale umano che la società aveva messo loro a disposizione. Questa volta, però, mi sento di andare un po’ oltre a quelle che sono sempre state le mie convinzioni: l’allenatore è importante ma poi in campo vanno i giocatori. Quest’anno la società a messo in piedi, per la serie B, una compagine di rilievo, al contrario di quanto fatto lo scorso campionato quando al povero Pecchia, l’altro Fabio, fu affidato un gruppo nettamente inferiore alla media più bassa della categoria. Grosso, con molto garbo, ha spiegato qual era ed è la sua filosofia, cioè ottenere il risultato attraverso il gioco, con un esasperante possesso palla e poche verticalizzazioni. La cosa si è vista nella prima partita di Coppa Italia, poi a Crotone, quindi nelle gare con il Carpi e lo Spezia. Nella fatal Salerno, pur giocando bene, la squadra è uscita sconfitta e, a questo punto, l’allenatore, a mio modesto giudizio, è entrato in confusione. In casa, con il Lecce, robusto e inutile turnover che ha portato insicurezza, fra i giocatori che hanno dimostrano di adattarsi male ai compiti affidati anche perché molti di loro impiegati in ruoli non congeniali alle loro caratteristiche. A Venezia, nuovi cambiamenti, pareggio stiracchiato e una squadra che, dopo un buon primo tempo, è uscita lentamente dal gioco. La partita con il Perugia è stata un buon banco di prova e al termine, di una prestazione più che sufficiente, i tre punti sono arrivati in carniere. Ad Ascoli, dove, per novanta minuti, non c’è stato nessun tiro nello specchio della porta, sono i marchigiani a portarsi a casa il successo. Poi, dopo il meritato pareggio di Mandorlini, al Bentegodi, l’amara dolorosa débâcle di Brescia dove Corini e i suoi boys hanno, di fatto, ridicolizzato i gialloblù. L’impressione che si ha vedendo queste undici gare è che la squadra, nonostante una rosa di buon livello, non sappia ancora che cosa fare. Prima la testardaggine del mister in uno schema 4-3-3 che, solo in rare occasioni, è stato produttivo quindi, domenica, quasi per soddisfare la piazza, ecco i due bomber (Di Carmine e Pazzini) insieme ma non supportati da esterni utili al gioco che si voleva attuare. Lo scorso campionato Pecchia aveva un’auto di serie che gareggiava con le fuoriserie, però l’allenatore ha cercato, per quanto possibile, di allenare e guidare i suoi ragazzi. Quest’anno l’auto è una fuoriserie, forse in un campionato di auto di serie, ma ci si ritrova, dopo undici giornate a centro classifica avendo subito, almeno una rete a partita. Quando a inizio campionato fu chiesto al Mister se intendeva studiare schemi per attrezzare la squadra a non subire più tante reti rispose che gli schemi non contavano ma era l’intensità dei giocatori a fare la differenza. Grosso, uscito molto bene da Coverciano, ha in testa teorie, certamente molto valide, ma che forse non riesce a spiegare al meglio tanto che i suoi uomini difficilmente le mettono in pratica. Ecco perché sono convinto ma prontissimo a ricredermi in caso contrario, che fosse necessario un cambio di rotta che, alle condizioni attuali, era possibile solo con un cambio di “manico”. Il saggio Osvaldo Bagnoli diceva che il calcio era nato molti anni fa e che difficilmente c’era qualche cosa di nuovo da inventare intanto, per non sapere ne leggere ne scrivere, lui metteva in campo i giocatori nei loro ruoli preferiti e, con questo, a suo giudizio, metà del lavoro era fatto.