Se in passato la vita lavorativa in azienda era considerata una certezza in cui i rischi si potevano contare sulle dita di una mano, oggi entrare nel mondo e vivere la realtà aziendale è diventato più complicato.
In questo contesto le forme pensionistiche integrative svolgono un ruolo fondamentale, in grado di affrontare l’incertezza derivante non solo dalla precarietà, ma soprattutto dall’aumento della tassazione (nel 2023 la pressione fiscale reale salirà al 49%). Quest’ultima rappresenta il vero nemico dei risparmi degli italiani, che, secondo il Sole 24 Ore, perdono ogni anno tra il 23% e il 43% del proprio TFR.
Cos’è il TFR?
Il TFR, acronimo di Trattamento di Fine Rapporto, è la somma dovuta al dipendente subordinato di qualsiasi azienda o società (pubblica o privata) al termine del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa che ha portato alla risoluzione del contratto (licenziamento, raggiungimento dell’età pensionabile, termine di un contratto a tempo determinato, ecc.). Solitamente, corrisponde a una mensilità annua calcolata su 13,5 mesi e viene accantonata dal datore di lavoro (se il TFR è presente in azienda) per garantire al lavoratore un piccolo fondo di sostegno alla pensione prevista dall’INPS.
Come gestire il proprio TFR per ottenere guadagni
Anche se è confortante sapere di avere un piccolo risparmio frutto dei sacrifici lavorativi, pochi sanno che mantenere il TFR in azienda può diventare una scelta controproducente e molto costosa nel lungo termine. Infatti, ogni lavoratore, al momento della firma del contratto di lavoro, può decidere se lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione.
Secondo gli ultimi dati comunicati dall’Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrici (ANIA), i rendimenti delle assicurazioni previdenziali superano
dell’1,3% quelli del TFR in azienda, arrivando a picchi dell’11% nel caso dei Piani Individuali Pensionistici(PIP). Cosa significa tutto ciò? Significa che con la stessa somma accantonata, i fondi pensione sono in grado di restituire quasi quattro volte di più rispetto all’importo previsto per chi lascia il TFR in azienda.
Un altro aspetto da considerare quando si decide dove destinare il proprio TFR è la tassazione. Mentre per il TFR lasciato in azienda è prevista una tassazione che varia dal 23% al 43%, per coloro che scelgono di affidarsi a una compagnia assicurativa tramite un fondo pensione, l’aliquota prevista parte dal 15% e diminuisce dello 0,3% ogni anno dopo 15 anni. Quindi, se si considera un TFR maturato in 15 anni, calcolato su una retribuzione annua lorda di 30.000 euro, chi lascia il TFR in azienda riceverà circa 25.000 euro, mentre chi ha scelto un fondo pensione otterrà almeno 3.000 euro in più.
L’ultimo aspetto che consente di non perdere i soldi del proprio TFR riguarda l’aspetto debitorio del lavoratore. Nel caso di debiti, infatti, l’importo accumulato attraverso il fondo pensione non può essere pignorato. Questo significa che, in caso di difficoltà finanziarie o situazioni di indebitamento, il capitale investito nel fondo pensione è protetto e non può essere oggetto di esecuzione forzata per soddisfare i creditori.
Il ruolo delle forme pensionistiche integrative
In un contesto lavorativo sempre più incerto e in un panorama fiscale in continua evoluzione, le forme pensionistiche integrative si pongono come una soluzione per mitigare l’incertezza e ottimizzare il proprio capitale pensionistico. Grazie ai rendimenti più vantaggiosi e alle aliquote fiscali più basse, i fondi pensione offrono un’opportunità per incrementare il proprio risparmio previdenziale e garantire una maggiore stabilità finanziaria per il futuro.
È fondamentale valutare attentamente le proprie opzioni e informarsi sui diversi strumenti disponibili per gestire il proprio TFR in modo efficace, cercando il supporto di esperti del settore per prendere decisioni informate e mirate a proteggere e valorizzare il proprio patrimonio pensionistico.