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Sogno di una notte di mezza estate. Giorgio Sangati dirige la nuova produzione del Teatro Stabile del Veneto

“Ho fatto un sogno che non c’è cervello che possa dire che sogno era. Se uno si mette a spiegare questo sogno è un asino”. Così William Shakespeare scrive in Sogno di una notte di mezza estate, la più celebre tra le commedie del Bardo scritta intorno al 1595 e che dall’8 al 9 luglio 2021, più di 4 secoli dopo, rivivrà sul palcoscenico dell’Estate Teatrale Veronese, festival organizzato dal Comune di Verona in collaborazione con Arteven, nella nuova produzione del Teatro Stabile del Veneto adattata e diretta dal regista Giorgio Sangati. Il Sogno di una notte di mezza estate è senza dubbio la commedia più famosa di tutta la storia del teatro (ma anche una delle più difficili da decifrare), non c’è scuola di recitazione che non la utilizzi come materiale di studio, proprio perché la giovinezza (e i suoi labili confini) è la protagonista indiscussa di quest’opera corale. Per questo a interpretarne i ruoli sono proprio gli attori della Compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto, che Giorgio Sangati dirige mettendo al loro fianco tre attori professionisti Sandra Toffolatti, Luciano Roman e Valerio Mazzuccato nei ruoli cardine di Oberon e Titania (il re e la regina delle fate) così come nella parte di Bottom (l’istrione naif a capo della compagnia di filodrammatici), per guidarli alla scoperta del Sogno e del mestiere (magico) del teatro. Lo spettacolo Il duca di Atene, Teseo, si appresta a sposare Ippolita, regina delle amazzoni, ma i preparativi delle nozze sono interrotti da Egeo, padre di Ermia che invoca la legge dello stato per imporle di sposare Demetrio, a sua volta amato da Elena, da lui rifiutata. Ermia, però, ama Lisandro, che la covince a fuggire dalla città per raggiungere un luogo dove poter coronare il loro sogno d’amore. Elena, informata della fuga, informa Demetrio e i quattro giovani si ritrovano tutti nel bosco. Nel frattempo una compagnia teatrale di artigiani, capitanata dall’istrionico Bottom decide di andare a provare una recita da presentare la notte delle nozze di Teseo proprio nel bosco. Questo non-luogo selvaggio è popolato da fate e folletti, guidati da Oberon, re degli spiriti e Titania, regina delle fate, a loro volta amanti, ma al momento in lotta tra loro per via di un giovane paggio conteso. Le tre trame finiscono per incrociarsi: le coppie di innamorati, sotto l’effetto di incantesimi, scoppiano e si rimescolano e per opera di Puck, fool servo di Oberon, Bottom verrà trasformato in un mostro con la testa d’asino di cui si innamorerà Titania, sotto l’effetto di un filtro d’amore. Tutto sembra precipitare in un caos pericolosamente violento, ma al termine della notte, sempre per opera degli spiriti, ogni cosa tornerà a posto: Oberon e Titania ritroveranno la loro armonia, le coppie di amanti si ricomporranno e convoleranno a nozze ad Atene in un triplo rito insieme a Teseo e Ippolita. Anche Bottom tornerà al suo aspetto umano e insieme agli artigiani reciterà, non senza tragicomici incidenti davanti alla corte. Al termine della recita suona la mezzanotte, è tempo di tornare a dormire, ma rimane l’eco di questa notte folle, di questo sogno, di questo incubo e ci si chiede: ma abbiamo sognato o eravamo svegli? Note di regia di Giorgio Sangati Nel Sogno di una notte di mezza estate tutto è doppio: reale e immaginario, maschile e femminile, razionale e irrazionale, linguaggio e corpo, e il sogno stesso, in fondo, è anche, inevitabilmente, un incubo. Di commedia si tratta perché non muore nessuno; per il resto la violenza delle emozioni e l’inconsapevolezza dei meccanismi che le regolano porterebbero i protagonisti a un destino decisamente drammatico se non intervenisse, per l’appunto, il teatro. Il teatro che nella commedia entra anche sotto forma di una sgangheratissima compagnia amatoriale che porta in scena, invece, una tragedia vera e lo fa con tale godibilissima inadeguatezza (e onestà) da risultare commovente. Risate e lacrime: qui sta il punto. Shakespeare, non lo dico io, non può che essere contemporaneo proprio perché è universale e così Atene (la città della ragione e delle regole) deve necessariamente rimandare al vivere civile dell’oggi e alle sue tecniche (più o meno efficaci) per proteggersi dal disordine o per rimuoverlo. Allo stesso modo, ma in direzione opposta, immagino una foresta minacciosa, pericolosa, proprio perché al suo interno le leggi del mondo civile sono sospese, come certi non-luoghi ai margini delle nostre città dove tutto è possibile, dove all’istinto non corrisponde colpa, né tantomeno punizione. Una discesa agli inferi (dentro noi stessi) per mostrare (a chi ne avrà voglia) come le donne e gli uomini possano essere incredibilmente incoerenti, soprattutto in amore. Ma, come sempre in Shakespeare, il mondo interiore si rispecchia in quello esterno e, così il disordine del mondo (se non viene gestito) ce lo troviamo dentro: la causa siamo sempre e soltanto noi, allora come oggi e oggi più di allora proprio perché ci siamo allontanati ancora di più dalla (nostra) natura. In fondo, senza bisogno di scomodare Freud o Jung, i sogni che facciamo ogni notte ci appartengono non meno di quello che ci accade da svegli (proprio perché siamo noi a produrli) e quando sogniamo quella è, indubbiamente, la nostra realtà: il fatto di non poterla controllare con la ragione non la rende meno presente. Biglietti in vendita al Boxoffice di via Pallone e online sui siti www.boxol.it/boxofficelive/it e www.boxofficelive.it. Tutto il programma dell’Estate teatrale Veronese è disponibile sul portale www.estateteatraleveronese.it.

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